Trademarks, Brands, Patents, Designs, Made in Italy, Copyrights, Competition Law, Contracts and Enforcement

09 luglio 2009

Blog metaformale: la sfida di pensare in modo diverso al marchio

"La comunicazione visiva si espleta attraverso la traduzione-trascrizione della realtà visibile in emozionabilità percepibile attraverso una rarefazione progressiva della forma leggibile, parziale (Formale) o sempre più estrema (Informale), purché sempre sottintesa.” Così si legge nel manifesto (2008) del movimento artistico METAFORMALE, di cui Stefano Sandri è uno dei promotori. Sarà forse per questo che la definizione è perfettamente trasferibile alla percezione del marchio da parte dei consumatori, in cui sono riscontrabili tutti gli elementi essenziali della prospettiva meramente giuridica dei giorni nostri.

Vediamo. Il marchio è pacificamento un mezzo della moderna comunicazione visiva, e non solo. Altrettanto evidente la sua funzione mediatrice tra il dato fenomenico (il segno), così come viene visto e quello che viene percepito, come ci insegna la Corte di Giustizia. La traduzione - trascrizione della realtà è operata dalle regole predefinite dei processi percettivi, integrate dagli apporti dell’esperienza comune di ciascuno di noi, anche quando perseguiamo interessi economici ed agiamo come consumatori. E naturalmente la carica e l’impatto emozionale sono sempre più determinanti nella intercettazione dei messaggi che l’impresa trasmette attraverso la veicolazione del marchio. Inoltre il segno, le cui informazioni rilevate dal mondo esterno vengono già filtrate e selezionate al momento dell’attenzione, quando fa il suo ingresso nella memoria è soggetto alla rarefazione progressiva, perdendo nel tempo e nello spazio dettagli marginali ed insignificanti, ciò che trova riscontro nelle massime giurisprudenziali sul giudizio di sintesi e del confronto di un segno con il ricordo che il consumatore ha del primo nei giudizi di confondibilità tra i marchi.

A ben vedere che la forma leggibile (il marchio è una forma di linguaggio) sia formale o informale non è neanche di per sé esclusiva dell’espressione artistica, perché entrambe sottointendono, ma non dichiarano, la forma rappresentata. Si ritrova quindi la classica dicotomia tra il marchio descrittivo e quello suggestivo.

La ricerca della forma al di là della forma che qualifica il ricordato movimento esprime dunque un modo di pensare, un metodo di esame utilizzabile nell’avvicinarci alla comprensione del dato fenomenico del marchio e della corretta soluzione dei suoi fondamentali problemi giuridici: l’identità, la istintività, la confondibilità. L’arte ci insegna che il marchio, come segno di comunicazione, è narrazione, creazione in divenire, pur se rappresentato staticamente nella formula legale, crea e trasmette emozioni condivisibili tra due soggetti, il proponente ed il ricevente, riscatta il reale dalla banalità dell’usuale, esprime l’essenziale, tralasciando il superfluo. Tutte le discipline, non solo quelle artistiche, sono legittimate a perseguire coralmente e contestualmente un’efficace performance espressiva che trasmette emozionalità creativa e percettiva, in una visione olistica ed interdisciplinare della conoscenza, compresa quella giuridica.


Troppo difficile? Ma cos’è più attraente ed affascinante di una sfida difficile?


Nessun commento: