Non se ne poteva davvero più. Le società pallonare, pur di far quadrare i bilanci, erano ricorse ad un astuto stratagemma: la cessione dei loro marchi. Il sistema era semplice: si cedeva il marchio ad una società interamente posseduta che lo cedeva in licenza per dieci anni al club. Terminato questo periodo il marchio tornava di proprietà delle squadre di calcio. Va bene che i cosiddetti asset di proprietà immateriale devono e possono essere inseriti in bilancio. Ma non devono e non possono essere uno strumento di frode. Il marchio è un bene primario in una associazione sportiva, soprattutto se multimilionaria e di fama mondiale. E' giusto quantificarne il valore. Non sfruttarlo. Per fortuna la Covisoc ha preso atto dell'uso dilagante e ha deciso di proibirlo.
24 giugno 2006
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