Trademarks, Brands, Patents, Designs, Made in Italy, Copyrights, Competition Law, Contracts and Enforcement

08 giugno 2010

Una brutta sentenza boccia i marchi deboli

Stefano Sandri


STAR SNACKS, della Nicolas Wessang, viene opposto al marchio figurativo
della Greinwald GmbH, (T 492/08, 11 maggio 2010), più o meno per gli stessi prodotti. Dato la intrinseca debolezza/descrittività dei termini SNACS e FOODS, e la diffusissima valenza dell’attribuzione qualitativa di STAR, la Quarta Commissione di ricorso dell’UAMI aveva ritenuto i due segni sufficientemente differenziati e non confondili.


L’ Ufficio aveva
fatto quindi applicazione piana in tema di giudizio di confondibilità tra marchi deboli, per cui le differenze percettive visuali e fonetiche, seppure di non grande rilievo, erano più importanti delle somiglianze indotte dal valore concettuale, banalissimo e certo non distintivo. In sostanza, un riconoscimento della consolidata giurisprudenza italiana in materia. Ma il Tribunale ha buttato all’aria l’apprezzamento della pronuncia impugnata, non tanto perché ha rifiutato lo schematismo rigido della nostra dottrina sui marchi deboli e marchi forti, ma perché proprio facendo leva su un accertamento di tutti i fatti pertinenti e rilevanti al caso di specie, è incorsa, a mia opinione, in un palese errore di diritto nell’applicare – sopravvalutandone la portata – il criterio secondo cui “il consumatore presta generalmente la più grande attenzione all’inizio di un marchio, piuttosto che alla sua parte finale” (punto 46). Ma quando mai!.

Per acquistare un pacchetto di chips o uno snack o una merendina non sarà certo la dicitura STAR ad attrarre l’attenzione del consumatore
, nella cui impressione globale eserciterà un ruolo del tutto marginale, in un
settore (quello alimentare) in cui le STAR, in parole o rappresentazioni figurative non si contano più. Personalmente riterrei piuttosto che STAR ed il suo concetto sia da tempo divenuto termine elogiativo usuale nel commercio de quo e quindi generico ai sensi dell’art.7, 2. lett d) RMC. (incidentalmente questa è stata appunto la conclusione cui erano pervenuti i Giudici delle Sezioni specializzate tre anni fa a Venezia ai con i quali avevo condotto una esercitazione proprio su quel simbolo grafico).

L’impostazione errata del problema nasce in realtà nella sentenza quando si afferma che il carattere distintivo dei marchi non avrebbe in caso di conflitto troppa importanza (punto 56), quando sin dalla dottrina SABEL/PUMA si è detto che“ the more distinctive the earlier mark, the greater will be the likelihood of confusion” , per cui vale la reciproca secondo cui c’è meno rischio di confusione se il marchio è poco o nulla distintivo. Sotto tale aspetto, la sentenza appare speciosa, formalistica e poco credibile. Insomma, un passo indietro riguardo anche agli ultimi insegnamenti della Corte di giustizia che, a questo punto, speriamo ci metta una pezza.

1 commento:

juicy couture ha detto...

articoli molto interessanti, ho guadagnato un sacco di vantaggi, il messaggio sarà vogliamo continuare a pubblicare Herve Leger Juicy Couture