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23 dicembre 2006

70 è (se vi pare)...

Giovanni D'Intino

Come già anticipato dai giornali le scorse settimane ("Il Tempo" - 12.12.2006) è ormai certo che la SIAE su precisa e reiterata richiesta dell’avv. Pirandello, nipote del grande drammaturgo siciliano premio Nobel per la letteratura, provvederà ad estendere anche in Italia il principio secondo il quale non devono esser computati, ai fini del raggiungimento dei settant’anni previsti dalla legge n.633 del 1941 per il decadimento dei diritti di autore, gli anni durante i quali si è svolto il secondo conflitto mondiale. L’applicazione di tale massima, già operativa nei paesi vincitori della Guerra (Francia ed Inghilterra) comporterebbe, nel caso italiano dunque, l’allungamento di detto periodo di protezione, relativamente a quegli autori deceduti prima del 1940, di sei anni e otto mesi e cioè dall’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940) alla stipula del Trattato di Pace di Parigi (10 febbraio 1947). Evidenti, sembrano, le ripercussioni economiche e commerciali che una siffatta protrazione del termine di decadenza determinerebbe considerando che come Pirandello, i cui diritti andrebbero a scadere nel 2013, altri grandi Autori della letteratura italiana, D’Annunzio e Deledda su tutti (venuti a mancare rispettivamente nel 1938 e nel 1936), si troverebbero nelle sue stesse condizioni. Decisiva ai fini della definitiva resipiscenza da parte del Centro Studi della SIAE è stata, dicevamo, la ricezione del principio introdotto dalla Conferenza Internazionale del 1994 secondo il quale devono esser eliminate tutte le forme di discriminazione tra i vincitori e i vinti delle guerre e devono esser equiparati questi ultimi ai primi. Proprio appellandosi al suddetto principio il nipote dello Maestro di Agrigento è riuscito a superare le difficoltà giuridiche, prima, e le incertezze della SIAE poi, tanto da persuadere persino il suo presidente, l’avv. Assumma, recentemente dichiaratosi favorevole ad una apertura in questo senso, ritenuta da lui medesimo: “giuridicamente corretta”. Così se, da un lato, gongolano gli eredi di quegli autori rientranti in siffatta previsione normativa, i quali vedono allungarsi i tempi di percezione dei diritti (basti pensare, per avere un’ idea, che a tutt’oggi la rappresentazione delle opere di Pirandello frutta, in termini di diritti d’autore, qualcosa come diverse centinaia di migliaia di euro l’anno) e, dall’altro, ostentano un sostanziale apprezzamento le alte cariche della Siae, altrettanto non può dirsi di tutte quelle compagnie teatrali, dalle più blasonate alle filodrammatiche parrocchiali, per le quali il giorno della libertà di rappresentazione e dell’affrancamento da queste forme di rendite sembra essere ancora lontano anni luce. O, meglio, ancora 6 anni e otto mesi. Almeno per ora.

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