Stefano Sandri
La Cassazione, n. 17734 del 7 luglio 2009, torna ancora una volta sul tormentone dei pezzi di ricambio e la legittimità delle diciture che li accompagnano.
Si tratta non tanto di un ribaltone, ma di un chiarimento nella situazione in cui il ricambista usa l’espressione “tipo” non in relazione alla destinazione di un particolare autoveicolo, ma ad prodotto di un altro ricambista. Sappiamo in base alla normativa vigente, armonizzata a quella comunitaria, che viene escluso che il diritto del titolare del marchio possa vietare a terzi l’uso, nell’attività economica, del proprio marchio, sulla scorta della sussistenza di tre criteri:
Si tratta non tanto di un ribaltone, ma di un chiarimento nella situazione in cui il ricambista usa l’espressione “tipo” non in relazione alla destinazione di un particolare autoveicolo, ma ad prodotto di un altro ricambista. Sappiamo in base alla normativa vigente, armonizzata a quella comunitaria, che viene escluso che il diritto del titolare del marchio possa vietare a terzi l’uso, nell’attività economica, del proprio marchio, sulla scorta della sussistenza di tre criteri:
- necessità dell’uso del marchio altrui per indicare la destinazione di un prodotto o servizio;
- rispetto del principio della correttezza professionale;
- utilizzo del marchio in funzione descrittiva, e non distintiva.
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