Il divieto di utilizzo di un marchio radiotelevisivo locale che ne richiama uno nazionale, anche se il primo è più risalente o addirittura registrato, è incostituzionale. La Consulta, con la sentenza 206/2009, ha accolto il ricorso del circuito locale «Radio Kiss Kiss Italia» contro la norma che, nel caso specifico, favoriva la rete nazionale «Radio Kiss Kiss Network», e ha dichiarato incompatibile con la Carta l'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 15 del 1999 convertito dalla legge 78 del 1999. La legge contiene "Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell’emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo” ed opera creando un doppio binario, locale e nazionale, per l'utilizzo dei marchi identificativi delle emittenti, imponendo un sacrificio unidirezionale e retroattivo, nei casi di sovrapposizione totale o parziale dei segni "aziendali, del marchio locale che deve cedere il passo a quello conosciuto su una scala territoriale più vasta trascurandosi del tutto l'eventuale preuso del marchio da parte dell'emittenza locale. In tutti i gradi di giudizio amministrativo, Radio Kiss Kiss Italia, emittente radiofonica locale gestita da Pubblikappa che trasmette nel Lazio e in Campania in virtù della concessione per l'esercizio della radiodiffusione sonora rilasciata nel marzo del '94, si era vista superare dal network nazionale. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera n. 63/02/CONS del 27 febbraio 2002 ha diffidato, ai sensi dell'art. 2, comma 2-bis, del citato d. l. n. 15 del 1999, la medesima società a cessare l'utilizzo della denominazione “Radio Kiss Kiss Italia”, essendo questa denominazione idonea a richiamare in parte quella dell'emittente nazionale “Radio Kiss Kiss Network”, anch'essa licenziataria, da Giosa Service s.p.a, del marchio “Kiss Kiss”. La Pubblikappa s.n.c. ha impugnato la delibera dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio chiedendone la sospensione, che tuttavia è stata rifiutata. Avverso la relativa ordinanza di rigetto, la ricorrente ha proposto appello, ed il Consiglio di Stato, in accoglimento delle eccezioni di quest'ultima, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, del richiamato d. l. n. 15 del 1999.
In sostanza sia l'Agcom sia il Tar del Lazio hanno diffidato l'emittente regionale dall'utilizzo del marchio del network più esteso, anch'esso sostenuto da regolare licenza seppur successiva. La preferenza indiscriminata accordata alle emittenti nazionali si presenta come un privilegio lesivo del principio di uguaglianza, in quanto, da un lato, opera a danno di soggetti normalmente più deboli e, dall'altro, sovverte lo statuto dell'emittenza radiotelevisiva, che invece riconosce alle emittenti locali un pieno titolo costituzionale per l'esercizio della loro attività. Il problema è tutt'altro che secondario perché, di fatto, per il solo fatto di essere un'emittente locale e non nazionale, e pur avendo sempre usato il marchio, si rischiava di essere espropriati della propria identità mediatica. Del resto era stato lo stesso Consiglio di Stato, con un 'ordinanza del marzo 2008 a sollevare la questione di costituzionalità e ad osservare che la disciplina sembrava incidere, invero, in termini oggettivamente rilevanti e irrimediabili sulle posizioni delle emittenti locali che facevano legittimo uso del marchio, costrette a dismettere tale determinante segno identificativo a causa soltanto della loro specificità territoriale, anche e soprattutto qualora esse abbiano fatto uso del marchio in questione con priorità rispetto alle emittenti nazionali che abbiano successivamente utilizzato il marchio medesimo. La suprema magistratura amministrativa ha anche avvertito che la tutela del marchio d’impresa risponde ad un’esigenza insopprimibile per lo svolgimento dell’iniziativa economica posto che il diritto all'uso esclusivo del segno identificativo concorre a delineare la concreta capacità concorrenziale dell'impresa, oltre che la sua consistenza patrimoniale, traducendosi in una importante componente dell'avviamento commerciale e che tanto più questo discorso vale nel settore radiofonico, costituendo l’unico efficace strumento attraverso cui la platea degli ascoltatori è posta in grado di identificare le numerose emittenti che operano sul mercato delle radiofrequenze.
Infine, la norma impugnata lederebbe il valore della concorrenza, riconducibile all'iniziativa economica privata, travolgendo il principio del prior in tempore potior in iure riconosciuto sia dalla Corte costituzionale sia dal Codice della proprietà industriale.
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